Strana l’arte: si lascia usare da tutti e nelle
mani di ognuno ha un colore diverso, un fine
diverso.
Le
parole. Ah, le parole! Senza parole, forse,
tante bocche adesso potrebbero parlare! Perché
le parole ad occhi belli sembrano belle, ma ad
occhi insanguinati sembrano coltelli.
Le
parole si scrivono, si dicono, si leggono, si
recitano, si urlano, si mormorano.
Urlare è proprio di quelle persone che non
conoscono la potenza delle parole che stanno
dicendo, e credono che le loro urla possano
caricarle del senso necessario.
Mormorare è proprio di quelle cose che
racchiudono in sé i segreti: la neve mormora. Le
betulle di Auschwitz mormorano. I libri
mormorano. Mormorano nella mente del bambino che
sorridendo sta viaggiando insieme
all’inchiostro; mormorano sulle righe che il
ragazzo studiando appunta; mormorano quando, sui
roghi, bruciano. Perché anche se l’uomo brucia i
libri, sono loro che avranno sempre l’ultima
parola. È il fuoco stesso che col suo rombo
grida al boia la sua ignoranza, grida che la
memoria umana che non potrà essere cancellata
mai: “Avremmo perduto persino la memoria,
insieme con la voce, se fosse in nostro potere
il dimenticare quanto il tacere”, scrisse già
Tacito, nella Vita di Giulio Agricola, in
riferimento ad uno dei primi assassinii di
libri. “I Konias di tutto il mondo vanamente
bruciano libri, e quando quei libri hanno
registrato qualcosa che vale, si sente solo la
risata silenziosa dei libri bruciati”[1].
Era un monito quello di Bradbury, quello che le
sue righe mormorano in Fahreneit 451:
bisbigliano il crepitare del fuoco che mangia i
libri e gridano lo stridore del silenzio che
sentiremmo se lasciassimo annientare la nostra
cultura da un nuovo Konias.
Le
parole! Con le parole posso far sembrare verità
quello che è assurdo, basta che chi mi sta
ascoltando sia una folla di ignoranti. Infatti
il nazionalsocialismo fu “La rivolta dei meno
civilizzati contro la ragione e i suoi
difensori”[2].
“L’uomo tedesco del futuro non sarà più un uomo
fatto di libri, ma un uomo fatto di carattere. È
a questo scopo che noi vogliamo educare”.
Vedete? Joseph Goebbels pretende di educare
bruciando i libri! È così che giustificò il rogo
del 10 maggio 1993. E paradossalmente continua
“Da queste macerie la fenice avrà una nuova e
trionfale ascesa”. No! L’unica ascesa che può
nascere dall’ignoranza è quella dell’odio.
Quell’odio che ha convinto i nazionalsocialisti
della colpevolezza degli Ebrei; odio che ha
giustificato le leggi razziali, la persecuzione,
la guerra, la Shoah. Ancora Goebbels dimostra
una straordinaria capacità persuasiva
nell’affermare: “Tutti gli ebrei in virtù della
loro razza sono parte di una cospirazione
internazionale contro la Germania
nazionalsocialista. Vogliono la sua sconfitta e
il suo annientamento e faranno tutto il
possibile per realizzare l’obiettivo. Che essi
non facciano nulla di ciò all’interno del Reich
non è certo un segno della loro fedeltà, ma
piuttosto indice delle misure appropriate che
abbiamo preso contro di loro.”[3]
Da qui l’indicibile missione della “igiene
sociale”. Già, igiene. Come se un uomo possa
essere cancellato dalla faccia della terra con
un colpo di spugna, come se fosse una brutta
macchia su un volto pulito. Un volto però
cattivo, “Il suo occhio è azzurro”[4],
e le guance sono imbrattate di sangue “e questo
sangue odora come nel giorno / quando il
fratello disse all’altro fratello: <<Andiamo ai
campi>>”[5].
![](foto/READING/IMG_1104.JPG)
Quanto è breve il passo tra il bruciare i libri
e i corpi! Per questo abbiamo il dovere e la
“responsabilità di ricordare queste colpe che la
civiltà non può tollerare che vengano ignorate
perché non potrebbe sopravvivere se fossero
ripetute. Un patologico orgoglio, una crudeltà,
un’ossessione per il potere hanno portato alla
conversione del mero antisemitismo in un
deliberato progetto di sterminio degli ebrei in
Europa. Ricordiamo per non ripetere, così che
uomini e donne di buona volontà e di ogni Paese
possano vivere la loro vita non sotto l’egida di
un uomo ma sotto quella della legge.”[6]
Oggi continuiamo a bruciare l’inchiostro:
l’antica biblioteca di Timbuctù è stata
distrutta.
Da
qui è partita la profonda riflessione degli
alunni del triennio del Liceo classico[7],
coordinati dai professori Angelo Mancini e
Carmine Collina, in un reading letterario,
“Bruciare lo spirito per bruciare i corpi. La
notte del 10 maggio 1933”. I ragazzi hanno
saputo interpretare con tutta la loro anima
brani tratti dalle opere precedentemente citate,
dimostrando profonda sensibilità e coinvolgendo
un pubblico toccato e interessato, stimolato e
grato; hanno avuto la sensibilità di esprimere
anche con la musica concetti troppo difficili da
dire soltanto a parole e, rispettosamente, hanno
tradotto la tragedia del fratricidio con
l’esecuzione di un brano significativo del tema
del film Shindler’s List. Eppure, nella
tristezza che nasce ogni volta rileggendo questa
brutta pagina di storia (che non bruceremo mai),
siamo partiti con un messaggio di speranza,
quello di Charlie Chaplin in Il grande
dittatore: “Tutti noi esseri umani dovremmo
aiutarci sempre, dovremmo godere soltanto della
felicità del prossimo, non odiarci e
disprezzarci l’un l’altro. L’avidità ha
avvelenato i nostri cuori, ha precipitato il
mondo nell’odio. La macchina dell’abbondanza ci
ha dato povertà, la scienza ci ha trasformati in
cinici, l’abilità ci ha resi duri e cattivi. Più
che macchinari, ci serve umanità, più che
abilità, ci serve bontà e gentilezza. Senza
queste qualità la vita è violenza, e tutto è
perduto. E qualsiasi mezzo usino (i dittatori),
la libertà non può essere soppressa. Ricordate
che nel Vangelo di Luca è scritto: "Il Regno di
Dio è nel cuore dell’uomo". Non di un solo uomo,
o di un gruppo di uomini, ma di tutti gli
uomini! Voi, il popolo, avete la forza di creare
le macchine, la forza di creare la felicità.
Quindi, in nome della democrazia, usiamo questa
forza. Uniamoci tutti! Combattiamo per un mondo
nuovo che sia migliore, che dia a tutti gli
uomini lavoro, ai giovani un futuro, ai vecchi
la sicurezza”.
![](foto/READING/IMG_1120.JPG)
Grazie a questa antologia di brani, ci è stato
ribadito ulteriormente il nostro obbligo morale
di ricordare questi eventi, non con una memoria
celebrativa che a lungo andare distorce la
tragedia in necessaria fatalità, ma con una
memoria emotiva, avulsa dalla data particolare
ma sempre viva, che sia una contrizione
costante, che ci spinga a vietare a qualsiasi
moderno Hitler di mettere le grinfie sui nostri
amati libri. Si dice: “I figli son pezzi di
cuore”; beh, ognuno di noi dovrebbe sentire
anche i libri come pezzi di cuore, pezzi di
anima. Noi non ce ne rendiamo conto, ma sono i
libri di tutte le epoche che hanno determinato
il nostro modo di essere, di pensare, di vivere:
noi siamo il frutto di una stratificazione
culturale formidabile.
Se
potessi tagliare a fettine l’anima di un uomo
moderno e quelle fette rilegarle a mo’ di libro,
leggerei la storia dell’arte di tutti i tempi:
Dante + Raffaello + Klimt + Ungaretti + Goethe +
Cicerone + Cartesio + Garibaldi ... = IO! Se
bruci loro, bruci me.
[1] Bohumil Hrabal, Una solitudine
troppo rumorosa
[2] Heinrich Mann, Der Hass (L’odio)
[3] Da Gli ebrei sono colpevoli!
[4] Paul Celan, Fuga di morte
[5] Salvatore Quasimodo, Uomo del
mio tempo
[6] Liberamente tratto dal discorso
di Jefferson nel film Processo di
Norimberga
[7] Lettori: Armando Di Santo,
Brunella Lupo, Daniela Del Vecchio,
Irene Altera, Livio Landolfi, Margherita
Carafa, Maria Federica Viscardi,
Marianna Tescione, Mariarosaria
Cappelletti, Riccardo Di Paola, Saverio
Simonelli, Simona Lavorgna. Musicisti:
Armando Di Santo, Giovanni Mele. Video:
Fabio Martinisi
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