I
classici non diventano attuali, lo sono.
È
questa la premessa che ha accompagnato gli
studenti dell'IIS Telesi@ che il 29 Novembre si
sono recati a Napoli, al Teatro Mercadante, per
assistere all'Antigone di Sofocle, nella
versione di Valeria Parrella.
E
proprio secondo le loro aspettative lo
spettacolo si è mostrato più che mai attuale e
ricco di spunti di riflessione: esistono tanti
temi che vengono a dipartirsi dalla tragedia
così com'è, molti di più di quanti se ne possono
immaginare.
Valeria Parrella, ad esempio, ha scelto di
mettere in evidenza la questione
dell'accanimento terapeutico su un individuo,
contro la volontà dei suoi cari.
Come, ci si chiederà, è possibile collegare
l'Antigone ad un tema tanto distante? Ebbene si
può.
Nella storia originale Antigone è un'eroina
tebana, figlia di Edipo, nipote di Creonte e
sorella di Eteocle e Polinice.
Dopo la reciproca uccisione dei due fratelli per
ragioni di successione al trono ella si trova in
una posizione scomoda, in quanto vorrebbe dare
sepoltura al corpo di Polinice, ma ciò le è
impedito dallo zio Creonte, emblema della ragion
di stato e temporaneo governante della città al
posto del morto Eteocle.
La
questione si conclude con un'irremovibile presa
di posizione di Creonte, col suicidio di
Antigone e quello di Emone, figlio di Creonte e
innamorato di lei.
Nella versione della Parrella anziché la
questione (antica) della sepoltura, si considera
quella (attualissima) della discussa legge
sull'accanimento terapeutico: così Polinice
diventa un essere umano attaccato ad una
macchina e Antigone colei che "stacca la spina"
pur di non vederlo in quello stato di
tentennamento tra vita e morte.
"Perché" parafrasando le parole di Antigone "Polinice
era vivo quando correva e il suo cuore batteva.
Non è più vivo da tredici anni, da quando è
attaccato ad una macchina".
Altri temi attuali, affrontati nel dramma, sono
quello della carcerazione, vista come morte in
vita in quanto privazione di ogni libertà (e qui
è incredibilmente toccante il dialogo della
protagonista con la sua compagna di cella) e il
tema del suicidio, come atto consapevole.
E
così la legislazione è quella che deve
necessariamente vincere sulle altre, ma non può
più configurarsi come legge: legislazione è
quanto lo Stato, qui nella persona di Creonte,
prevede per il popolo, mentre è legge quello
che, in una circostanza del genere, la morale
detta all'individuo.
La
legge morale dentro di me, avrebbe detto Kant:
la stessa legge che spinge Antigone a darsi la
morte pur di non subire le conseguenze previste
dalla legislazione.
Un
dibattito bioetico, insomma, di quelli che più
attuali non si può.
È
proprio vero allora: i classici non muoiono mai. |