04 dicembre 2012

 

Antigone

al Teatro Mercadante di Napoli

di Maria Federica Viscardi

I classici non diventano attuali, lo sono.

È questa la premessa che ha accompagnato gli studenti dell'IIS Telesi@ che il 29 Novembre si sono recati a Napoli, al Teatro Mercadante, per assistere all'Antigone di Sofocle, nella versione di Valeria Parrella.

E proprio secondo le loro aspettative lo spettacolo si è mostrato più che mai attuale e ricco di spunti di riflessione: esistono tanti temi che vengono a dipartirsi dalla tragedia così com'è, molti di più di quanti se ne possono immaginare.

Valeria Parrella, ad esempio, ha scelto di mettere in evidenza la questione dell'accanimento terapeutico su un individuo, contro la volontà dei suoi cari.

Come, ci si chiederà, è possibile collegare l'Antigone ad un tema tanto distante? Ebbene si può.

Nella storia originale Antigone è un'eroina tebana, figlia di Edipo, nipote di Creonte e sorella di Eteocle e Polinice.

Dopo la reciproca uccisione dei due fratelli per ragioni di successione al trono ella si trova in una posizione scomoda, in quanto vorrebbe dare sepoltura al corpo di Polinice, ma ciò le è impedito dallo zio Creonte, emblema della ragion di stato e temporaneo governante della città al posto del morto Eteocle.

La questione si conclude con un'irremovibile presa di posizione di Creonte, col suicidio di Antigone e quello di Emone, figlio di Creonte e innamorato di lei.

Nella versione della Parrella anziché la questione (antica) della sepoltura, si considera quella (attualissima) della discussa legge sull'accanimento terapeutico: così Polinice diventa un essere umano attaccato ad una macchina e Antigone colei che "stacca la spina" pur di non vederlo in quello stato di tentennamento tra vita e morte.

"Perché" parafrasando le parole di Antigone "Polinice era vivo quando correva e il suo cuore batteva. Non è più vivo da tredici anni, da quando è attaccato ad una macchina".

 Altri temi attuali, affrontati nel dramma, sono quello della carcerazione, vista come morte in vita in quanto privazione di ogni libertà (e qui è incredibilmente toccante il dialogo della protagonista con la sua compagna di cella) e il tema del suicidio, come atto consapevole.

E così la legislazione è quella che deve necessariamente vincere sulle altre, ma non può più configurarsi come legge: legislazione è quanto lo Stato, qui nella persona di Creonte, prevede per il popolo, mentre è legge quello che, in una circostanza del genere, la morale detta all'individuo.

La legge morale dentro di me, avrebbe detto Kant: la stessa legge che spinge Antigone a darsi la morte pur di non subire le conseguenze previste dalla legislazione.

Un dibattito bioetico, insomma, di quelli che più attuali non si può.

È proprio vero allora: i classici non muoiono mai.