26 aprile 2012

 

Tutto ciò che vorremmo e dovremmo sapere sull’art.18!

Il dio denaro annulla il diritto

.di Matteo Di Donato

Martedì 24 aprile, presso il cinema Modernissimo di Telese Terme gli studenti dell’I.I.S. Telesi@ hanno incontrato il giovanissimo magistrato Cantilena, laureatosi all’Università Federico II di Napoli.

L’incontro-dibattito “Tutto ciò che vorremmo e dovremmo sapere sull’articolo 18” organizzato durante l’assemblea d’istituto e promosso dai rappresentanti si è rivelato proficuo e interessante per la collettività studentesca, in quanto capace di chiarire e approfondire temi di scottante attualità.

L’art. 18 dello Statuto del lavoratori, come ha spiegato Cantilena, prevede la tutela del singolo lavoratore in caso di licenziamento illegittimo per motivazioni ingiustificate o discriminatorie. In questo caso l’autorità giudiziaria è tenuta ad ordinare la reintegrazione del lavoratore nel medesimo posto prima del licenziamento. Tale decreto risulta però valido solo nelle aziende con almeno 15 lavoratori: nelle altre che hanno un numero di dipendenti inferiore, il datore di lavoro può scegliere tra la riassunzione ( che differisce dalla reintegrazione per la perdita dell'anzianità di servizio e dei diritti acquisiti col precedente contratto) e il versamento di un risarcimento (oltre il consueto TFR).

In sintesi l’art. 18 dello Statuto dei lavoratori rappresenta un baluardo intoccabile nell’ambito del lavoro subordinato, in quanto tutela dei diritti degli stessi. Le modifiche tendenti a superare il dualismo tra dipendenti e precari e richiedenti invece una maggiore flessibilità, limiterebbero di fatto la funzione giurisdizionale in tutela degli interessi legittimi degli impiegati, urtando apertamente con l’art. 24. della Costituzione. Bisognerebbe chiedersi se l’indennità sia sufficiente a garantire la difesa dei diritti dei lavoratori e se il non-intervento del giudice velocizzi i tempi di risoluzione contrattuale del rapporto. Dall’altro lato bisogna analizzare le contraddizioni che ne derivano; l’arbitrarietà del datore di lavoro nelle decisioni ( che potrebbe benissimo licenziare un impiegato per incrementare il suo plusvalore) e l’effettiva garanzia di indennità che un’azienda con bilancio negativo può dare al lavoratore licenziato.

Si tratta di una delle grandi sfide che l’Italia cercherà di portare avanti, adeguandosi ai modelli economici delle altre nazioni. Ce la farà?

E fino a quando ancora il lavoro, valore morale e identificazione sociale (secondo Proudhon), dovrà sottomettersi all’imperialismo dei mercati internazionali?