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In principio fu il verbo, poi il discorso, poi
l’affermazione, l’informazione e la confusione.
In principio (più o meno 75 anni fa) c’erano le
“veline fasciste”, le buste rosse, il
fuorisacco, la linotype a 2 tastiere, il
giornalista con la biro nel taschino e il
taccuino nella mano: guai a bucare una notizia.
La libertà di espressione vacillava, c’erano le
righe di piombo, la carta carbone, lo strillone
nei vicoli e nei quartieri, il tempo e lo spazio
(i tiranni del giornale) ma non le agenzie. Poi
il boom della comunicazione, la diffusione
popolare, l’avvento della tecnologia, internet,
la globalizzazione: secondo voi, come cambia il
mondo dell’informazione? Al VII laboratorio di
Formazione Sociale “CittadinanzAttiva”
organizzato dal Centro Studi Sociali Bachelet
Onlus di Cerreto Sannita da Don Franco Piazza
(direttore del corso) interviene Gennaro
Ferrara, Caposervizio e conduttore di TV2000 su
“Comunicazione e dialogo tra generazioni”. Ed è
proprio nel segno del progresso che si apre la
lezione, nel confronto tra il passato ed il
presente, tra il recente e l’avvenire:
“Nell’ultimo decennio — afferma Ferrara - si è
aperta una porta enorme rispetto alla vecchia
scuola di giornalismo. Tra i problemi storici,
per esempio, ricordiamo la censura: prima
bastava chiudere le fonti e le notizie potevano
essere nascoste, per paradosso adesso si
preferisce la confusione e non a copertura.
Tempo fa moltissimi giornalisti assistevano in
diretta agli eventi e si recavano sul campo per
raccogliere le prove, oggi il mondo del
giornalismo finisce per esser fatto da pochi
testimoni e molti ripetitori”.
Quello che si genera è un
complesso e fittizio meccanismo mediatico; non
sempre quanto viene raccontato è conforme alla
realtà: pochi controllano, tutti sono in cerca
dì una storia che faccia scalpore e sappia
entusiasmare.
La verità assoluta non esiste e
il confine di demarcazione tra oggettività e
interpretazione personale è sottile quanto la
lancetta di un orologio: “L’informazione ci
manipola, ci confonde quanto più siamo
distratti, l’apparenza inganna, come i troppi
aggettivi ingannano la sua validità; questa è la
differenza tra il racconto e la notizia, tra il
giornalista e lo scrittore: il primo comunica,
il secondo emoziona”.
Quanto alla sua
strumentalizzazione, al suo non essere
completamente indipendente e libera Ferrara si
sofferma analizzando il rapporto con la
politica: “L’informazione è troppo spesso
concepita come una trappola dal governo e dai
suoi rappresentanti; dalla scelta dei titoli,
del lessico e delle immagini da evocare, si
arriva a determinare vere e proprie sfumature di
significato che hanno intrinseco in sé concetti
pre-costituiti .
Alcuni telegiornali alla notizia
creano dei veri e propri romanzi cercando
letteralmente di prendere per il naso attraverso
racconti popolari”. Il potenziale della
divulgazione è d’altronde immenso: innesta nuove
mode, plasma veri e propri reality-show, crea
nuovi e falsi idoli (osannandoli e criticandoli
ossessivamente), specula (aggiotaggio) e
oltrepassa i limiti morali. “La differenza tra
privacy e notizia sta nel tipo di interesse che
può avere la collettività”.
Un vecchio proverbio diceva, e
forse dice ancora, che il valore di
un’informazione è direttamente proporzionale al
mezzo con cui la si diffonde: la televisione
mostra, la radio dice, il giornale spiega. Al
termine dell’incontro Ferrara conclude
riassumendo quanto esplicato e analizzato
precedentemente.
“Non bisogna accettare quanto ci
viene detto senza consapevolezza, c’è bisogno
del dialogo e del confronto: se volete
informarvi dovete leggere, osservare e accendere
la testa”. Bisogna essere indipendenti (nel
pensiero) e autonomi (nel giudizio), con il
coraggio di essere vento per aquilone e aquilone
per il vento. Senza lasciarsi trascinare. |