Come ormai ogni anno, a partire dal 2000, dopo
l’istituzione del "Giorno della Memoria" in
ricordo dello sterminio e delle persecuzioni del
popolo ebraico e dei deportati militari e
politici italiani nei campi nazisti (Legge 20
luglio 2000, n. 211), incontri, dibattiti e
trasmissioni televisive o radiofoniche non hanno
tralasciato di rievocare il dramma subìto dai
cittadini ebrei attraverso la deportazione, la
prigionia o la morte; non hanno inoltre mancato
di ricordare il coraggio e la determinazione di
coloro che, “anche in campi e schieramenti
diversi, si sono opposti al progetto di
sterminio” sistematico, salvando altre vite o
proteggendo i perseguitati. Sempre più fitto, di
anno in anno, il calendario degli eventi in
programma; quello di questa undicesima edizione
ha visto gli studenti delle classi liceali dell’
I.I.S. Telesi@, impegnarsi in discussioni in
aula sotto la guida dei docenti per poi
assistere, il 7 febbraio 2011, ad una
rappresentazione nata da un testo del genere di
un romanzo breve, Una radura verde smeraldo (ICI
Edizioni, 2010), autore: il napoletano
autodidatta P. Ferro.
![](foto/7teatro1.jpg)
Nella cornice del teatro Modernissimo di Telese
Terme gli attori della compagnia Artisti
all’asta hanno così portato sulla scena i piani
di sterminio di un Hitler costantemente oltre i
limiti del delirio e funestamente ossessionato
da un’incontenibile brama di dominio sul mondo.
Strumento operativo di questo disegno: la
scienza, così terribilmente discesa al rango di
una pratica tesa a fornire giustificazioni e
mezzi per ripartire il genere umano nelle due
contrapposte schiere di belve e di animali:
carnefici le une, vittime indifese gli altri,
assoggettate ad esperimenti indicibili per la
loro crudeltà spesso narrata in un clima da
tragedia greca. Ciascuna di queste categorie ha
trovato, sul palco, la propria incarnazione: dal
protagonista, Alessandro F., sommessa voce
narrante, carica di un dolore cupo e senza
speranza, al Doktor, esecutore materiale della
follia di Hitler per mezzo di ordini urlati
contro il protagonista indifeso, una zingara e
un altro giovane prigioniero, unico portavoce di
un’idea di speranza: espressione, tutti, di
mondi diversi, ma attori di un solo identico
dramma che li condurrà ad un'unica identica
fine.
![](foto/7teatro2.jpg)
Il
tutto si consuma all’interno di una prigione
nascosta e mimetizzata dal verde, quella in cui
si introducono due speleologi per trovarsi di
fronte a resti polverosi, ammuffiti e
mummificati da cui il racconto prenderà vita,
come dalle pagine di un immancabile diario
ritrovato tra le spoglie. Dopo lo spettacolo,
l’autore si è offerto alle sollecitazioni della
giovane platea, per richiamare l’attenzione su
alcuni punti del testo inscenato, su come esso
abbia preso corpo da un’attenta rilettura di
pagine storiche aggiornate alla luce di nuovi
documenti. In risposta alle domande degli alunni
si è sottolineato il rischio sempre presente per
l’umanità di ripiombare nell’abisso di tragedie
come quelle rappresentate; di qui la necessità
della continua ricerca e del continuo sforzo di
tener desti ricordo e consapevolezza.
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