9 febbraio 2011

 

Una radura verde smeraldo, di P. Ferro.

Spettacolo sulla memoria

 

 
Come ormai ogni anno, a partire dal 2000, dopo l’istituzione del "Giorno della Memoria" in ricordo dello sterminio e delle persecuzioni del popolo ebraico e dei deportati militari e politici italiani nei campi nazisti (Legge 20 luglio 2000, n. 211), incontri, dibattiti e trasmissioni televisive o radiofoniche non hanno tralasciato di rievocare il dramma subìto dai cittadini ebrei attraverso la deportazione, la prigionia o la morte; non hanno inoltre mancato di ricordare il coraggio e la determinazione di coloro che, “anche in campi e schieramenti diversi, si sono opposti al progetto di sterminio” sistematico, salvando altre vite o proteggendo i perseguitati. Sempre più fitto, di anno in anno, il calendario degli eventi in programma; quello di questa undicesima edizione ha visto gli studenti delle classi liceali dell’ I.I.S. Telesi@, impegnarsi in discussioni in aula sotto la guida dei docenti per poi assistere, il 7 febbraio 2011, ad una rappresentazione nata da un testo del genere di un romanzo breve, Una radura verde smeraldo (ICI Edizioni, 2010), autore: il napoletano autodidatta P. Ferro.

Nella cornice del teatro Modernissimo di Telese Terme gli attori della compagnia Artisti all’asta hanno così portato sulla scena i piani di sterminio di un Hitler costantemente oltre i limiti del delirio e funestamente ossessionato da un’incontenibile brama di dominio sul mondo. Strumento operativo di questo disegno: la scienza, così terribilmente discesa al rango di una pratica tesa a fornire giustificazioni e mezzi per ripartire il genere umano nelle due contrapposte schiere di belve e di animali: carnefici le une, vittime indifese gli altri, assoggettate ad esperimenti indicibili per la loro crudeltà spesso narrata in un clima da tragedia greca. Ciascuna di queste categorie ha trovato, sul palco, la propria incarnazione: dal protagonista, Alessandro F., sommessa voce narrante, carica di un dolore cupo e senza speranza, al Doktor, esecutore materiale della follia di Hitler per mezzo di ordini urlati contro il protagonista indifeso, una zingara e un altro giovane prigioniero, unico portavoce di un’idea di speranza: espressione, tutti, di mondi diversi, ma attori di un solo identico dramma che li condurrà ad un'unica identica fine.

Il tutto si consuma all’interno di una prigione nascosta e mimetizzata dal verde, quella in cui si introducono due speleologi per trovarsi di fronte a resti polverosi, ammuffiti e mummificati da cui il racconto prenderà vita, come dalle pagine di un immancabile diario ritrovato tra le spoglie. Dopo lo spettacolo, l’autore si è offerto alle sollecitazioni della giovane platea, per richiamare l’attenzione su alcuni punti del testo inscenato, su come esso abbia preso corpo da un’attenta rilettura di pagine storiche aggiornate alla luce di nuovi documenti. In risposta alle domande degli alunni si è sottolineato il rischio sempre presente per l’umanità di ripiombare nell’abisso di tragedie come quelle rappresentate; di qui la necessità della continua ricerca e del continuo sforzo di tener desti ricordo e consapevolezza.