3 dicembre 2010

 

“Autonomia chiama valutazione”

 

Il 29 novembre  all’Ipia Sannino di Napoli si è tenuto un interessante seminario  su Il Servizio Nazionale di Valutazione: un’infrastruttura immateriale per il miglioramento* a cura del dott.Roberto Ricci, esperto di statistica,  dell’Invalsi, Istituto Nazionale di Valutazione.

Ha aperto i lavori la dott.ssa D.Addeo dell’Ufficio Scolastico Regionale  e subito dopo l’ispettrice A. Monda ha tracciato una breve storia dell’Invalsi facendo notare come la sua funzione sia nata in concomitanza con l’autonomia scolastica dieci anni orsono , sottolineando come l’autonomia delle scelte didattiche sia stata garantita, e non sminuita, dalla verifica degli apprendimenti di base che ogni anno l’Invalsi ha somministrato alle scuole primarie e alla scuola superiore di primo grado. I quesiti standard e uguali per tutta Italia hanno inteso verificare e ratificare l’esistenza di un servizio scolastico nazionale, che pur con forme diverse, cerca di dare formazioni omogenee e pari opportunità agli allievi italiani, permettendo di confrontare i livelli raggiunti nella propria lingua madre e in matematica – considerate le pietre angolari della formazione – con quelli degli altri paesi europei.

Il lavoro dell’Invalsi è stato difficile e costellato di continui cambiamenti nati dalle criticità verificatesi durante le somministrazioni e durante la restituzione dei dati alle scuole, riuscendo a migliorare progressivamente anche in vista della grande novità che entra in vigore  quest’anno. Infatti secondo la direttiva del 30/07/2010  per  il presente anno scolastico, la rilevazione avverrà nel  II e nel V anno della scuola primaria, nel I anno della scuola secondaria di I grado e nel II anno della scuola secondaria di II grado (oltre alla prova nazionale all’interno dell’esame di Stato a conclusione del I ciclo)  “tenendo conto delle soluzioni e degli strumenti adottati per rilevare il valore aggiunto da ogni singola scuola in termini di accrescimento dei livelli di apprendimento degli alunni”.[1]

 Quindi in quest’anno scolastico 2010/11 anche la scuola superiore, alla fine del biennio  parteciperà per la prima volta alla rilevazione degli apprendimenti . I risultati, fino a quando non entrerà in vigore la rilevazione all’Esame di Stato, non incideranno sugli scrutini   e sulla certificazione delle competenze, ma avranno un puro valore diagnostico.

Il procedimento avrà inizio con un lungo lavoro delle segreterie degli istituti superiori che tra un mese circa riceveranno istruzioni per  avviare le procedure  di registrazione  e di iscrizione di tutte le classi seconde al progetto, segnalando anche gli eventuali “bisogni speciali di apprendimento” di alcuni allievi.[2]

Tutte le operazioni, tenuto conto del particolare momento di crisi economica, avverranno online e, a parte i fascicoli dei test, non ci sarà più spreco di materiale cartaceo. Inoltre l’utilizzo del supporto informatico permetterà per la prima volta al singolo istituto, dotato di propria password, di leggere subito una prima elaborazione dei propri dati con un’indubbia ricaduta sulla possibilità di riconsiderare sollecitamente i propri metodi didattici e i loro risultati.

Il dott. Ricci ha poi spiegato come nascono i “famigerati” test: duecento/trecento eroici professori, di lunga esperienza e su base volontaria,  provenienti da tutta Italia, ( il compenso è un gettone di presenza e i gruppi sono ancora aperti) si incontrano una giornata a Roma e propongono i quesiti elaborati in base alle proprie esperienze professionali. Le migliaia di suggerimenti vengono poi letti da un’apposita commissione formata da docenti, accademici ed esperti diversi e vagliati sulla base della coerenza con i quadri di riferimento ipotizzati dall’Invalsi, visibili sul suo sito internet, e l’utilizzabilità su scala nazionale. Successivamente  l’Istituto  sottopone il fascicolo ad un campione significativo di studenti e valuta le prove con strumenti statistici. Infine, le prove più convincenti vanno a costruire il fascicolo definitivo delle prove. Alcuni problemi di “difficoltà” dei quesiti, criticati come lontani dalla realtà delle scuole sul campo, sono dovuti all’estrema flessibilità dei nostri curriculi scolastici, a differenza , per esempio della Francia, dove la scansione dei programmi di studio è codificata minuziosamente con legge dello stato. Tuttavia, la lunghezza e l’accuratezza del processo di gestazione cercano di venire incontro alla media nazionale, sta alle singole scuole abituare i ragazzi a prove differenziate – ma senza corsi speciali! – cui saranno peraltro sottoposti continuamente nel prosieguo della carriera scolastica e poi professionale.

I risultati delle prove Invalsi hanno spesso sollevato delle critiche perché hanno evidenziato delle crepe del sistema scolastico, ma il dott. Ricci ha ribadito la necessità di considerare i risultati guardando al sistema tutto e invitando i diversi ordini di scuola a parlarsi per lavorare in sinergia, dal momento che i modesti risultati , per esempio in matematica, alla fine delle scuole medie corrispondono spesso, statisticamente, ad una medesima percentuale di debiti formativi alla fine del primo anno delle superiori (un’ottima pratica sarebbe la condivisione dei dati tra le medie inferiori e le superiori). Se quindi ci sarà una maggiore attenzione e fiducia nei dati restituiti e nelle statistiche elaborate dai rilevamenti ci sarà l’opportunità di capire i punti deboli delle scuole e operare delle correzioni nelle scelte didattiche successive.  E’ necessario sapere, poi, che nella rilevazione degli apprendimenti si richiedono anche dei dati di contesto per capire se e quanto le situazioni socio-economico-culturali di provenienza degli allievi incidano sulla qualità degli apprendimenti. Ma i dati, al netto di queste informazioni, a detta dello “statistico” dott. Ricci riservano anche molte sorprese e in prospettiva potrebbero aiutare a destinare meglio le risorse alle scuole. Alcuni dei dirigenti scolastici presenti in sala si sono detti preoccupati del fatto che queste rilevazioni, nella tanto auspicata cultura del “merito”, potrebbero finire per penalizzare i contesti più deprivati e quindi bisognosi di maggiori risorse. Il seminario si è chiuso con il consiglio a confrontarsi sul sistema scolastico nazionale inglese in cui i rilevamenti fanno destinare contributi maggiori alle istituzioni in maggiore difficoltà. Questo nel migliore dei mondi possibili!

Barbara Bruno

Funzione strumentale Valutazione e Autovalutazione

[1]

Per valore aggiunto s’intende in linea del tutto generale, l’insieme degli effetti di interazione sugli apprendimenti degli studenti e sulle modalità di insegnamento che la composizione del gruppo genera in misura più o meno marcata.

[2]

Si fa riferimento agli allievi con disturbi specifici di apprendimento per i quali si può decidere una parziale partecipazione o la dispensa a discrezione dell’Istituto, per evitare di falsare i dati di rilevazione globali.

 

 

La presentazione ppt dell’intervento:

Il Servizio Nazionale di Valutazione: un’infrastruttura immateriale per il miglioramento di Roberto Ricci

1.3KB

*La presentazione ppt è visibile su: http://www.campania.istruzione.it/home/home.shtml